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XXXIV E ULTIMA DOMENICA DELL’ANNO LITURGICO

 

xxxiv e ultima domenica dell’anno liturgico

 

SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO - B

 

 

 

 

PRIMA LETTURA              Dn 7,13-14

 

Dal libro del profeta Daniele

 

13 Guardando nelle visioni notturne,

ecco venire con le nubi del cielo

uno simile a un figlio d’uomo;

 

Guardando ancora nelle visioni notturne (cfr. v. 7), l’espressione è usata in rapporto alla quarta bestia, spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro; essa rileva l’importanza della visione.

Un figlio di uomo, questi si contrappone ai quattro regni precedenti simboleggiati in bestie (vv 3-7: La prima era simile ad un leone e aveva ali di aquila; Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso; Mentre stavo guardando, eccone un'altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d'uccello sul dorso; e infine la quarta sopra menzionata). Il quinto regno, quello del Messia, mostra il volto dell’uomo e riguarda il popolo dei santi dell'Altissimo (v. 27).

Con le nubi del cielo. Le nubi sono il segno della presenza di Dio (Es 19,9: Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube): sono il carro di Dio (Sal 104,3: costruisci sulle acque la tua dimora, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento); sono il trono di Dio (Gb 26,9: Copre la vista del suo trono stendendovi sopra la sua nube). Vi è quindi una contrapposizione: come le bestie sono portate dalla forza del mare espressa dalle onde (cfr. vv. 2-3), così il Figlio dell’uomo è portato dalle nubi del cielo: diversa è l’origine dei regni.

 

giunse fino al vegliardo (lett.: l’Antico dei giorni) e fu presentato a lui.

 

L’Antico dei giorni così è chiamato Dio a indicare la sua regalità non condizionata dal tempo ma dominante il tempo e quindi tutti i regni che si dispiegano nei vari tempi.

Fu presentato a lui (lett.: e davanti a lui lo fecero accostare), non dice chi lo ha fatto avvicinare; certamente è l’Antico dei giorni che lo fa avvicinare, come è detto in Gr 30,21: Il loro capo sarà uno di essi e da essi uscirà il loro comandante; io lo farò avvicinare ed egli si accosterà a me.

Il termine «avvicinare» ha anche un senso sacrificale rilevato nella LXX: fu offerto. «Questo passivo indica che altri agiscono su di Lui. Chi sono? Sembra esserci un’indicazione molto ricca: Lui non ha bisogno di essere presentato da nessuno eppure in questo momento si lascia presentare. Ci sono coloro che lo offrono; non si sbaglia nel pensare che sono tutti a presentarlo, angeli e uomini. La misericordia del Padre vuole che questa offerta sia condivisa da tutta la creazione» (d. G. Dossetti, appunti di omelia, 1976). (Cfr. Eb 9,13: quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente? È nello Spirito che il Cristo si offre ed è offerto da tutte le creature).

Egli è portato dalle nubi cioè dalla gloria stessa di Dio. Nel mistero questa parola rivela la gloria di Gesù che sale verso il Padre. La profezia lo contempla là dove l'occhio non vede se non quello degli eletti, come è scritto di Stefano (cfr. At 7,56). Tutto è visto nell'attimo eterno quanto si dispiega nel tempo.

 

14 Gli furono dati potere, gloria e regno;

tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:

il suo potere è un potere eterno,

che non finirà mai,

e il suo regno non sarà mai distrutto.

 

Lo servivano questo verbo è spesso in parallelo con «ascoltare» (7,27: Allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e ascolteranno; 2Sm 22,44-45: Tu mi liberi dalle contese del popolo; mi poni a capo di nazioni; un popolo non conosciuto mi serve. I figli degli stranieri mi onorano appena sentono, mi ascoltano). Servire quindi è ascoltare per obbedire. S. Paolo parla dell’ascolto e dell’obbedienza della fede (cfr. Rm 1,5).

Il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. La regalità non è solo universale nello spazio ma eterna: in ogni era vi sarà sempre il suo regno fino a quella pienezza per cui ci sarà solo il suo regno.

In queste parole sono raccolte le profezie riguardanti la regalità davidico-messianica e quindi quella del Signore Gesù (cfr. Gn 49,10: Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli. 2Sm 7,13-16: La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre. Così è stabile la mia casa davanti a Dio, perché ha stabilito con me un'alleanza eterna. Lc 1,32-33: Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine).

Questa è la stessa regalità di Dio (Sal 145,13: Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione. Es 15,18: Il Signore regna in eterno e per sempre!).

Questa regalità si è trasmessa al suo Cristo in quanto costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti (Rm 1,4).

 

 

 

SALMO RESPONSORIALE              dal Sal 92

 

R/.               Il Signore regna, si riveste di splendore.

 

Il Signore regna, si riveste di maestà:

si riveste il Signore, si cinge di forza.                            R/.

 

È stabile il mondo, non potrà vacillare.

Stabile è il tuo trono da sempre,

dall’eternità tu sei.                                                        R/.

 

Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!

La santità si addice alla tua casa

per la durata dei giorni, Signore.                            R/.

 

 

 

SECONDA LETTURA              Ap 1,5-8

 

Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo

 

5 Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.

 

Infine il saluto apostolico proviene da Gesù Cristo, al quale appartiene questa rivelazione e la sua testimonianza. Anche Gesù, come il Padre, è caratterizzato da attributi. Essi esprimono la nostra confessione.

 

Questa confessione tripartita, che parla dell’opera di Cristo dalla croce alla glorificazione, è il punto culminante e conclusivo del saluto (Lohse, o.c., p. 36).

 

Egli è il testimone fedele. Anche in 3,14 nella lettera all’angelo della Chiesa che è in Laodicea, egli si definisce con questo titolo. In 19,11 Egli cavalca il cavallo bianco ed è fedele e veritiero e giudica e combatte con giustizia. Questo titolo messianico si trova nel sal 89,38: testimone fedele nel cielo. In Gr 42,5 è detto del Signore: testimone veritiero e fedele.

Gesù Cristo è l’unico testimone fedele in quello che il Padre rivela, nell’esortarci ad essere fedeli alla nostra chiamata e nell’adempiere puntualmente il disegno di Dio. In Lui quindi abbiamo la conoscenza perfetta della volontà di Dio e il suo perfetto attuarsi.

Ruperto:

 

Egli è davvero testimone perché è nato per dare testimonianza alla verità ed è morto come testimone della verità, come egli stesso dice a Pilato: «Io per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Il Padre è testimone, come di Lui dice lo stesso Gesù Cristo: «E dà testimonianza di me chi mi ha inviato, il Padre» (Gv 8,18). Anche lo Spirito Santo è testimone come di Lui dice il Signore: «Quando verrà il Paraclito, che io manderò a voi dal Padre, lo Spirito di verità, che dal Padre procede, questi darà testimonianza di me» (Gv 15,26).

Ma Gesù è il solo che per testimoniare la verità sopportò la morte, per cui questi è il Figlio chiamato testimone.

 

Egli è chiamato pure il primogenito dei morti. Il titolo di primogenito attribuito al Cristo percorre le divine Scritture (Sal 89,28; Col 1,18). Qui Egli non solo è il primo che è risorto ma anche è la primizia della nostra stessa risurrezione. Egli l’ha già immessa in noi, secondo un’economia di grazia, in modo tale che la morte è stata relegata al solo ambito fisico ma non a quello spirituale: di qui essa è stata cacciata e lo sarà anche dai nostri corpi mortali. La stupenda liturgia, che il libro descrive e la lotta qui rivelata non sono altro che il prodigioso duello tra la morte e la vita (sequenza di Pasqua) con la vittoria della vita sulla morte.

Ruperto:

 

Aggiungi che Egli, morto per la stessa testimonianza alla verità, ha vinto la stessa morte ed è risorto dai morti, cosa che i testimoni a Lui preceduti non poterono fare.

 

Questo è quanto dice subito: Primogenito dei morti, cioè il primo di coloro che risorgono dai morti. La risurrezione infatti è la nostra rigenerazione. Nascendo siamo stati generati per la corruzione, risorgendo invece saremo rigenerati per l’incorruzione».

Egli è il principe dei re della terra perché a Lui sono date in eredità tutte le Genti (cfr. Sal 2,8) ed Egli domina su tutti. La sua regalità non si esprime secondo i simboli terreni perché non appartiene a questo mondo, né ha bisogno dei segni regali dei principi di questo mondo ma si esprime in quella lotta e vittoria, che Egli ottiene contro i principati e le potenze spirituali, quei nemici destinati ad essere sottoposti allo sgabello dei suoi piedi fino ad assoggettare l’ultimo nemico, la morte (cfr. 1Cor 15,24-28).

I re della terra sono destinati ad essere a Lui assoggettati non tanto perché Egli instaura un regno che raccolga tutti i regni della terra, quanto piuttosto perché Egli svuota i loro regni di ogni forza che viene dalle potenze mondane.

Ruperto:

 

Egli è principe di coloro che sebbene non siano popolarmente chiamati re, sono tuttavia i re della terra perché sanno governare la loro condizione terrena, liberi dal peccato e servi della giustizia (Rm 6,18). Egli dunque è re solo di costoro. Tutti coloro infatti che vogliono esser suoi bisogna che siano così. Oh davvero bello e glorioso è il principato di costui, che fa di tutti i suoi sudditi re o regno e regale sacerdozio.

Questo principato è assai differente da quello della tirannide di questo mondo. Egli dice: «I re delle genti le dominano e coloro che hanno potere su di esse si fanno chiamare benefattori» (Lc 22,25). Queste e altre parole questo principe dei re dice ai suoi ministri, di cui lava anche i piedi (Gv 13). Questo gesto da servo conferma quanto diceva: «Io sono in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27).

 

 

A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,

 

Alla confessione della signoria del Cristo e del mistero della sua pasqua, succede ora la lode riconoscente.

Egli infatti è Colui che ci ama. Questa espressione richiama più passi del discorso della cena. «Come io vi ho amati così amatevi gli uni gli altri … Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici» (Gv 13,34; 15,13). L’amore è talmente l’essenza del suo essere che in Lui tutto è amore.

L’espressione più alta del suo amore consiste in questo: Egli ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue. Il suo sangue, per noi versato nel momento in cui il suo costato fu trafitto, è il prezzo della nostra redenzione. Infatti tutti volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,37). Essendo l’ultimo sangue versato, assieme all’acqua, è il sigillo di tutto quello precedentemente versato e si fa sacramento del suo amore per noi. Ma perché proprio questo sangue versato come sigillo di tutta la sua passione da Gesù già morto è il sangue che Lo rivela? Perché esce dal suo costato trafitto ed è quello che si fa visibile ed è bevuto da tutti i credenti; per questo è il prezzo della nostra redenzione.

Con il suo sangue Gesù ci ha liberato dai nostri peccati. Questi sono i nostri tremendi padroni e aguzzini che ci rendono schiavi. I nostri peccati sono l’espressione in noi del peccato del mondo, che solo l’Agnello di Dio può togliere (cfr. Gv 1,29).

Gesù quindi scende negli inferi della nostra esistenza e scioglie i vincoli dei nostri peccati. Egli non solo ci ha redenti una volta sola quando addormentatosi sul legno della croce diede inizio alla sua Chiesa, l’umanità redenta, ma continua a redimerci giorno per giorno esprimendo in questo il suo amore per noi. Come madre amorosa, Gesù dispensa la sua redenzione a ciascuno di noi secondo la nostra possibilità guardando alla nostra necessità. Egli nel suo amore ci sollecita a lasciarci completamente liberare da ogni forma di peccato e da tutte le tracce in noi presenti. Gesù ha cura di noi più di quanto noi stessi ne abbiamo per noi. Per questo davvero Egli ci ama.

Ruperto invece di ci ha liberati accoglie la lettura: ci ha lavati e così commenta:

 

Poiché ci amava, Egli è morto per noi e ci ha lavato dai nostri peccati nel suo sangue. In che modo? Uno dei soldati gli aprì con la lancia il fianco e subito ne uscì sangue ed acqua (Gv 19,34). Con quel sangue ci ha redenti, con quell’acqua ci ha lavato dai nostri peccati.

[…] Ci ha dunque lavati, cioè tutta la Chiesa, dai nostri peccati Fin qui ci ha amati. Non come eravamo ci ha amati, ma amandoci ci ha fatto diversi. In tal modo concorporea alla sua carne, che aveva assunto, amando ha reso la Chiesa, poiché ha consegnato se stesso per lei per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua nella parola della vita, per mostrare a sé gloriosa la Chiesa, senza macchia o ruga o alcunché di simile, ma perché sia santa e immacolata (Ef 5,25-27).

 

6 che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

 

Con la sua redenzione, Gesù Cristo ha fatto di noi un regno, cioè coloro sui quali Egli regna dopo aver sconfitto quanti dominavano su di noi attraverso il potere del satana e quindi della morte. Noi siamo il suo regno, destinati a regnare con Lui per essere con Cristo assoggettati al Padre (cfr. 1Cor 15,22-28). In 5,10 nel canto nuovo dei quattro viventi e dei ventiquattro anziani si dice: E li hai fatti per il nostro Dio un regno e sacerdoti e regneranno sopra la terra. Egli ha donato ai suoi come eredità la terra perché sono simili a Lui, mite e umile di cuore (cfr. Mt 5,5: :Beati i miti perché erediteranno la terra; 11,29: Imparate da me che sono mite e umile di cuore).

Inoltre Gesù ha fatto di noi dei sacerdoti per il suo Dio e Padre. Egli è l’unico ed eterno sacerdote, che facendosi suoi con il suo sangue, ci ha uniti a sé nel suo compito sacerdotale.

In 20,6 è scritto: E saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui mille anni.

Questo titolo affonda nell’alleanza,come dice il Signore in Es 19,6: E voi sarete per me un regno di sacerdoti, una gente santa.

Essere regno suo e con Lui sacerdoti significa essere nell’alleanza sancita nel suo sangue, che non solo ci ha liberati e lavati dai nostri peccati ma anche ci ha costituiti con Cristo alleanza tra Dio e tutti gli uomini e tutta la creazione (cfr. Is 61,6).

In questo consiste la nostra regalità: essere primizia della redenzione e totalmente dediti con Gesù al culto del suo Dio e Padre.

La comunità cristiana deve servire Dio, rivestita di autorità regale e di purezza sacerdotale» (Lohse, o.c., p 37).

Questa è la grazia e la gioia dei redenti: amare il Padre e Dio nello stesso amore del suo Cristo che,riversato in noi, ora s’innalza con la stessa forza e gratitudine filiale nella lode: a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Nulla si aggiunge alla sua gloria e potenza ma la si riconosce come la sorgente della vittoria di Gesù, il Figlio suo. Il Padre è colui che ci ha strappati dal potere della morte e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore (Col 1,13) per cui da tutti i redenti s’innalza ora la lode alla sua gloria e alla sua forza, che anche in noi si sono manifestate.

 

7 Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà,

anche quelli che lo trafissero,

e per lui tutte le tribù della terra

si batteranno il petto. Sì, Amen!

 

Dopo aver compiuto la nostra redenzione e averci chiamato suoi fratelli (cfr. Gv 20,17; Eb 2,11), Gesù non ci lascia soli. Tutta la Chiesa lo indica: Ecco, viene con le nubi perché Egli è il Figlio dell’uomo (cfr. Dn 7,13) come di sé ha dato la bella testimonianza davanti al sinedrio (cfr. Mt 26,64).

Quello che Gesù stesso ha detto: «Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria» (Mt 24,30), la Chiesa lo ripete nella sua liturgia di lode. Ricapitolando il passato, il presente e anticipando il futuro, la comunità dei credenti grida: Ecco, viene con le nubi.

Dal momento che agli occhi del Signore mille anni sono come un giorno solo (cfr. Sal 90,4; 2 Pt 3,8), chi crede vive l’unica fede di tutte le generazioni, fede che si esprime nell’unico ed eterno grido: «Vieni, Signore Gesù, Maranatha». A questo grido il Signore risponde: «Sì, vengo presto» per questo con gioia tutti diciamo: Ecco, viene con le nubi. I nostri occhi anticipatamente Lo vedono venire adombrato nei divini Misteri, nell’annuncio evangelico e nei suoi piccoli perché il Figlio dell’uomo non abbandona gli uomini e non si fa assente al loro cammino.

Ma verrà un giorno in cui lo vedrà ogni occhio. Essendo la sua rivelazione visibile, nessuno potrà sottrarsi alla sua presenza. Egli si farà presente a ciascuno di noi, come fossimo soli. Come Gesù è ora presente a ciascuno di noi e nei suoi eletti dimora nel loro intimo, così allora Egli si farà presente a ogni occhio, che non potrà sottrarsi al suo sguardo.

Come nella sua prima venuta, il Figlio dell’uomo è fiorito dall’interno dell’umanità mediante la Vergine Maria, così nella consumazione dei tempi Egli si farà visibile a tutti gli uomini, dall’interno dei redenti mediante la sua Sposa, la Chiesa. Come infatti la sua venuta ora avviene mediante i segni, che Egli compie nella Chiesa, così allora dal suo interno si farà visibile a ogni occhio. Dai suoi eletti ora Egli si fa presente a ogni uomo, allora sempre da loro si far...

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