DOMENICA XVI XVII C.doc

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DOMENICA XVI - C

DOMENICA XVI - C

 

PRIMA LETTURA              Gn 18,1-10a

 

Dal libro della Gènesi

 

In quei giorni, 1 il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.

 

Apparve (lett.: si fece vedere). Il verbo «vedere» domina in questi primi versetti. Il Signore si fa vedere e Abramo lo può vedere.

Si segnala il tempo e il luogo della visione perché essa si cala nella storia di Abramo in un preciso momento della sua esistenza.

Nell’ora più calda del giorno «il momento in cui appare il Signore ad Abramo è il momento più banale: questo è molto bello, è lo stesso nel Vangelo: Gesù chiama nei momenti più impensati e poi questo presentarsi improvviso di Dio, è già lì» (d. U. Neri, appunti di omelia, Gerico, 10.2.1973).

Abramo è nella pura passività, nel momento più stanco della giornata. Ogni tempo è propizio per il Signore, non c’è momento in cui Egli non possa non apparire: di notte e di giorno, al caldo del giorno come qui o dopo il tramonto del sole come quando fece il patto con Abrahamo (c. 15). Appare ad Abramo senza segni straordinari di teofania, appare come Gesù nella sua prima venuta; solo nella fede Abramo lo riconosce.

Egli sedeva all’ingresso della tenda, «per vedere se c’era qualche viandante per farlo poi entrare in casa sua» (midrash agadah). Dall’amore per il prossimo fiorisce la visione di Dio, nascosto sotto l’immagine di tre viandanti.

 

2 Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 3 dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.

 

Egli alzò gli occhi e vide … vide, il verbo è ripetuto due volte a indicare un’intensità di visione, vi è il passaggio dalla visione fisica a quella spirituale. Infatti l’invocazione «Mio Signore» è segnata come sacra nel testo ebraico. Abramo sa bene a chi è davanti, sa che è il Signore e lui è polvere e cenere, come dice dopo.

Corse loro incontro, nel timore che essi procedano e non si fermino; Abramo li vuole trattenere. Egli vede, comprende, corre loro incontro e si prostra perché la visione incute timore per la maestà dei tre personaggi.

«Sul significato di questi gesti di Abrahamo: la corsa esprime da un lato la familiarità con Dio (cfr. il Cantico 1,4: Attirami dietro a te, correremo), una brama di avere Dio con sé; il saluto infatti è Signore: questo grande desiderio di Dio non fa dimenticare ad Abramo che il Signore è il Signore e lui è polvere e cenere. Le due formule «trovare grazia e passare» sono da leggersi in modo forte. «Trovare grazia» è come con Noè, «non passare» è l’arrestarsi di Dio. Vi è qui tutta la teologia della grazia» (d. U. Neri, appunti di omelia, Gerico, 10.2.1973).

 

4 Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero.

 

Abramo si esprime in modo rispettoso per non accusare i suoi ospiti di avere i piedi sporchi; è un ristoro per tutto il corpo avere i piedi rinfrescati. Essendo il Signore, Abramo non può lavarli lui stesso; non può infatti prevenire il Signore perché nell’economia della redenzione è Lui che deve lavarli per primo.

Nel mistero Origene così legge: «Con ciò Abrahamo, padre e maestro delle genti, ti insegni come devi accogliere gli ospiti, e che tu lavi i piedi agli ospiti, tuttavia anche questo è detto in mistero: sapeva infatti che i sacramenti del Signore non si compiono se non nella lavanda dei piedi; ma non gli sfuggiva la severità del precetto detto, dal Salvatore: «Se non vi accoglieranno, scuotete anche la polvere, che si è attaccata ai vostri piedi, in testimonianza per loro. In verità vi dico che, nel giorno del giudizio, ci sarà più tolleranza per la terra di Sodoma che per quella città» (cfr. Mc 6,11). Voleva dunque prevenire, e lavare i piedi, che per caso non ci restasse un po’ di polvere, che potesse essere riserbata per il giorno del giudizio, da scuotersi a testimonianza dell’incredulità. Per questo dunque il sapiente Abrahamo dice: Si prenda dell’acqua, e si lavino i vostri piedi» (IV,2).

Accomodatevi sotto l’albero, sotto l’unico albero presente nell’accampamento. La sua unicità getta luce nel mistero che per la tradizione d’Israele indica la carne di Abramo che stava per generare nella sua vecchiaia, come è scritto: Poiché per l’albero c’è speranza: anche tagliato, si rinnova e i suoi rampolli non vengono meno, se invecchia nella terra la sua radice e nella polvere muore il suo ceppo, al sentore dell’acqua rigermoglia e mette rami come nuova pianta (Gb 14,7-9) (cfr. commento di rabbi Hananel).

Per noi, per i quali è giunta la pienezza dei tempi, l’albero è la croce di Gesù, l’albero della vita.

 

5 Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».

 

Un boccone di pane, «i giusti dicono poco e fanno molto … egli parlò di un boccone di pane e imbandì un grande banchetto» (Radàq), e ristoratevi (lett.: rinfrancatevi il cuore), finemente la Scrittura annota come il cibo rinfranchi il cuore; non solo ristora le forze fisiche ma anche quelle interiori (cfr. Gdc 19,5; Sal 104,5).

Perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo, cioè io non chiedo nulla da voi se non quello di potervi ospitare e fare tutto quello che vi ho detto.

«Fa’ pure come hai detto». Con la loro risposta essi intendono confermare che quello che Abramo intende fare va loro bene. Essi ne accolgono il servizio.

 

6 Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». 7 All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.

 

La preparazione è caratterizzata dalla fretta e dalla corsa. Abramo non vuole trattenere a lungo i suoi ospiti perché sa che devono compiere il loro cammino. Infatti essi sono passati da Abramo ma la loro meta è Sodoma. Allo stesso modo coloro che amano il Signore lo servono con sollecitudine perché sanno che Egli deve compiere la sua missione.

Essi non sono pigri per non disgustare il Signore e udire su di loro la terribile sentenza: «Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso»; con quello che segue (Mt 25,26)

La Parola c’insegna che vi è una fretta che nasce dall’agitazione e una che nasce dal compimento dei tempi e dalla presenza del Signore. Cfr. Sal 119,32: Correrò per la via dei tuoi comandamenti; Is 40,31: ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi; Gv 20,4: Correvano insieme tutti e due; 2Pt 3,12: attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno!

 

8 Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.

 

Abramo serve alla loro mensa e non mangia con loro; egli è pronto a eseguire ogni loro comando. In realtà ora è il Signore a ricompensare il suo servo.

Ad Abramo, che nulla attende, il Signore dà ora quello che aveva promesso.

Tutto avviene non in base alle nostre attese ma alla sua misericordia che opera improvvisamente quello che ha promesso e ha fatto a lungo attendere.

«Stava in piedi, due pasti ci sono con Dio: qui e in Es 24,11 in ambedue i casi non c’è pasto comune: qui Dio solo mangia e là solo l’uomo mangia, il pasto in comune è solo nel N.T.» (d. U. Neri, appunti di omelia, Gerico, 10.2.1973).

 

9 Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda».

 

Sara non si è mostrata agli ospiti considerando se stessa umile e povera nei loro confronti. Per questo essi la cercano e la ricompensano con il dono del figlio per il suo servizio e la sua modestia.

Dio cerca chi si nasconde e si fa piccolo agli occhi degli uomini; allo stesso modo Maria canta: Ha guardato l’umiltà della sua serva (il magnificat).

Così il Signore cerca Sara per adempiere la promessa fatta ad Abramo.

 

Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

La visita culmina con la nascita d’Isacco, il figlio della promessa, espressione di gioia. Essa è preludio dell’Incarnazione sia nell’annuncio come nel simbolo. Il Cristo viene da Isacco,nasce da Madre vergine come Isacco nasce da madre impossibilitata ad avere figli.

La presenza di Dio e la sua Parola fecondante portano la gioia. È questa la natura dell’Evangelo, cioè portare gioia e quindi vi è sollecitudine e fretta perché tutto si compia.

 

 

SALMO RESPONSORIALE              Sal 14

 

R/.               Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

 

Colui che cammina senza colpa,

pratica la giustizia

e dice la verità che ha nel cuore,

non sparge calunnie con la sua lingua.              R/.

 

Non fa danno al suo prossimo

e non lancia insulti al suo vicino.

Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,

ma onora chi teme il Signore.                            R/.

 

Non presta il suo denaro a usura

e non accetta doni contro l’innocente.

Colui che agisce in questo modo

resterà saldo per sempre.                             R/.

 

 

SECONDA LETTURA              Col 1,24-28

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi

 

Fratelli, 24 sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.

 

Colpisce molto che «la mancanza» sia applicata a Cristo, alle sue prove. In Lui abita tutta la pienezza della divinità corporalmente (2,9) e le sue sofferenze non hanno raggiunto questa pienezza perché noi siamo ancora nella carne: fino a quando tutto il suo corpo, lintera Chiesa, non sarà nella gloria e non avrà consumato lunione sponsale con Cristo, fino allora, da parte di noi che siamo nella carne dobbiamo riempire ciò che manca alle sofferenze del Cristo. Per questo Paolo precisa nella mia carne.

Prezioso o Signore è vivere per noi nella nostra carne perché in essa completiamo la tua Passione e in tal modo siamo partecipi delle tue sofferenze e siamo sempre più resi conformi alla tua morte, ma gioiamo perché già gustiamo le gioie della risurrezione. Per questo la nostra vita tende al suo pleroma, alla misura dell’età del pleroma del Cristo (Ef 4,13).

«Completo quello che manca alle tribolazioni del Cristo nella mia carne per il Corpo di Lui. Paolo non poteva dire che manca qualcosa alla passione di Cristo; alla passione di Cristo non manca nulla; ciò che manca alla passione di Cristo nella mia carne. Devo lasciar patire il Cristo in me. Alla redenzione oggettiva del Cristo non manca nulla; cè una incompletezza del Cristo mistico in ognuno: sono io che non ho ancora patito abbastanza: la passione oggettiva del Cristo redentore è più che abbondante e non vi manca niente. «Cristo è in agonia in noi fino alla fine del mondo»: Cristo ha bisogno di patire in noi fino alla fine del mondo. Lessere stesso del Cristo vivente in noi ha bisogno di scaricarsi in noi per amore (cfr. Atto di offerta di s. Teresina)» (d. G. Dossetti, appunti di omelia, Gerusalemme, 17.5.1980).

 

25 Di essa sono diventato ministro, secondo la missione (lett.: dispensazione) affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio,

 

Il ministero è regolato dalla dispensazione di Dio datami per voi[1]. Il disegno di Dio a favore dei colossesi si realizza mediante il ministero apostolico di Paolo. Esso ha come scopo quello di adempiere la parola di Dio. La Parola di Dio in sé è completa ma deve giungere al suo compimento attuando quello per cui essa è stata inviata (cfr. Is 55,11) coinvolgendo secondo il volere di Dio tutti quelli che incontra.

Tommaso così commenta lespressione portare a compimento la parola di Dio. «Manifestare con la mia predicazione il compimento della parola di Dio: cioè, la dispensazione di Dio, e la preordinazione e la promessa dellincarnazione del Verbo di Dio.

Oppure: la dispensazione eterna di Dio, con la quale ha disposto che le genti mediante Cristo si convertissero alla fede del vero Dio. Questo è ciò che bisognava portare a compimento: Ha detto e non farà? Ha parlato e non porterà a compimento? (Nm 23,29); La parola che esce dalla mia bocca non tornerà a me vuota, ma realizzerà tutto ciò che io ho voluto, e darà frutto (Is 55,11)» (Biblia, o.c., p. 53).

Per questo Paolo è segnato nella sua carne dalle tribolazioni di Cristo perché levangelo è il rivelarsi della croce di Cristo e la chiesa stessa nelle sue tribolazioni rende visibile il mistero di Cristo crocifisso, cuore dellannuncio evangelico.

Levangelo annunziato è vivo nella chiesa ed è il compiersi della parola di Dio sia in intensità che in estensione. La parola penetra nel fondo dellessere e dellesistere ed essa si estende sino ai confini della terra. Nulla la può impedire.

Ciascuno, secondo il dono ricevuto, deve portare a compimento questa parola non solo in rapporto a se stesso ma anche in rapporto a tutti gli uomini.

Più intensamente il cristiano accoglie la parola di Dio, più la espande in mezzo agli uomini.

 

26 il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.

 

Il contenuto e quindi il compimento della parola di Dio è il mistero, le cui caratteristiche sono di essere stato nascosto da secoli e da generazioni nellAntico Testamento ma ora è stato manifestato ai suoi santi.

Lapostolo usa il termine mistero senza definirlo con altre precisazioni. Solo in seguito egli preciserà che il mistero è Cristo in voi, speranza della gloria (v. 27).

Il mistero, come decreto divino e attuarsi dei suoi disegni, non è accessibile alla ragione umana. Solo Dio può rivelarlo alluomo.

Questo mistero era nascosto da secoli e da generazioni, cioè non era stato rivelato alle generazioni precedenti, era taciuto per secoli eterni (Rm 16,25) benché costituisca il cuore propulsore delle scritture profetiche (ivi,26).

Per questo Aimone commenta: «Il mistero dellincarnazione e della passione del Figlio di Dio e della redenzione del genere umano fu nascosto ai sapienti di questo mondo (cfr. Mt 11,25), ma è stato manifestato ai patriarchi ai profeti e a moltissimi giusti» (Biblia, o.c., p. 53).

Leconomia della sua rivelazione, benché abbia la sua piena manifestazione nelloggi tuttavia essa irradia la sua luce anche sui giusti dellantica alleanza.

Essi hanno potuto salutarlo profeticamente ma ora il mistero è annunciato pubblicamente dagli apostoli.

Il tempo della sua rivelazione è adesso e destinatari della sua rivelazione sono i suoi santi. Questi sono tutti i credenti.

Tutti nella chiesa usufruiscono della rivelazione di Cristo; essa non è ristretta a una cerchia di privilegiati, ma dal momento che tutti i credenti sono eletti, la conoscenza del suo mistero riguarda tutti. Inoltre a questa conoscenza della fede non è più chiamato solo il popolo dIsraele, ma tutte le Genti.

Essa non è data nella stessa intensità perché il Signore dispensa la sua rivelazione secondo la capacità di conoscenza di ciascuno.

Questa conoscenza dipende dal grado di umiltà e di semplicità di cuore perché la luce della conoscenza risplende là dove il discepolo di Cristo è in tutto simile al suo Maestro, cioè nellessere umile e mite di cuore.

 

27 A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria.

 

Ai santi, cioè ai discepoli del suo Figlio, Dio volle far conoscere la ricchezza della gloria di questo mistero in mezzo alle Genti. Diversamente da come pensa Israele, privo ancora della conoscenza del Cristo, in mezzo alle Genti si manifesta la ricchezza della gloria di questo mistero. Esso non si manifesta come un pallido riflesso di quella gloria che Dio destina a Israele, ma si manifesta con una sovrabbondante ricchezza di gloria, la gloria stessa dellelezione, che consiste nel fatto che Cristo è in voi e lo è come la speranza della gloria. In voi – dice Paolo – che appartenete alle Genti, Cristo è presente con la sovrabbondante ricchezza della sua gloria, anche se questa ora è solo comunicata come speranza.

Sperare significa esser già dentro al dinamismo della gloria del Cristo che passa attraverso le tribolazioni delle sue sofferenze nella nostra carne.

Sulla presenza di Cristo in noi, cioè della sua inabitazione, vedi 2 Cor 13,5; Rm 8,10; Ef 3,17.

Di questa piena rivelazione Paolo è ministro e il sigillo del suo ministero è limpronta della passione di Gesù nel suo corpo.

Infatti è proprio con lannuncio del santo Evangelo, che Cristo è in mezzo alle Genti e nel cuore dei credenti (cfr. 2Cor 1,19).

Con la predicazione evangelica il Cristo pone le basi perché tutti i credenti in Lui divengano pienamente partecipi della ricchezza di quella gloria che ora Egli ha nel Padre suo.

 

28 È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Lo scopo quindi dellapostolo è quello di annunciare Cristo per renderlo presente tra le Genti in modo che queste sperino di partecipare alla sua stessa gloria.

Ma lannuncio raggiunge ogni uomo. Linsistenza con cui lapostolo usa una simile espressione (per ben tre volte) rileva come questa sia la sua preoccupazione: ammonire e istruire ogni uomo con ogni sapienza.

Paolo vuole servirsi della multiforme sapienza, che è nellEvangelo, per ammonire ogni uomo e istruire ogni uomo.

Ammonire significa anche «mettere in guardia, riprendere, ammaestrare» (Behm, GLNT). Lannuncio evangelico contiene quindi in sé anche ammonimenti rivolti personalmente a ogni uomo. Di questo compito lapostolo è consapevole al punto che egli in At 20,31 dice di sé: «con lacrime ammonendo ciascuno di voi». Ammonire non è solo compito dell...

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