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DOMENICA II DI QUARESIMA - C

DOMENICA II DI QUARESIMA – C

 

 

 

Cielo trapunto di stelle, innumerevoli,

sonno profondo che penetra in Abramo

per portarlo a visioni lontane ed oscure.

 

Bestie squarciate in due, segni di morte,

tenue luce di braciere fumante nel buio,

uccelli rapaci che volteggiano bramosi.

 

Un patto con il suo Dio, intriso di sangue,

dove la vita brilla tenue di luce notturna,

oscurata da rapidi voli di forze crudeli.

 

Preghiera di Abramo angosciato da doglie,

preghiera del Cristo sull’altissima montagna,

luce che irradia divina dal suo volto santo.

 

Venite, salite tutti, cercate in voi la strada,

disponete le ascensioni nel vostro cuore,

ascoltate la Legge, comprendete i Profeti.

 

Dall’umile lettera traspare la gloria di Cristo,

nei simboli della Legge rimirate l’Agnello,

nella profezia accogliete il Servo elevato.

 

O donne, che il Cristo veste della sua porpora,

che appende gioielli d'oro sulle vostre vesti,

uscite con danze e cori cantandone il trionfo.

 

Corriamo tutti verso la meta, stretta è la porta,

sforziamoci d’entrare prima che il Cristo si alzi

e inizi l’eterna festa nuziale con la sua Chiesa.

 

 

 

 

PRIMA LETTURA              Gn 15,5-12.17-18

 

Dal libro della Gènesi

 

5 In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».

 

Condusse fuori (lett.: fece uscire cfr. dopo «ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei»). È in continuità: Dio fa uscire Abramo dalla sua terra e ora lo fa uscire dalla sua tenda per mostrargli il realizzarsi della promessa.

Conta le stelle, come in cielo il Signore ha creato le sue schiere e sono innumerevoli, così sulla terra egli sta per creare i suoi veri adoratori che sono pure innumerevoli e tutti discendono da Abramo. In essi, simili alla polvere (come dice altrove la promessa), la terra si congiunge al cielo.

Le stelle. Cfr. Dt 1,10: Il Signore vostro Dio vi ha moltiplicati ed ecco oggi siete numerosi come le stelle del cielo. La promessa si è realizzata. In Eb 11,12 Abramo è definito morto; la stirpe che da lui deriva è frutto della fede; è il mistero della risurrezione che dà inizio ad una vita nuova.

Tale sarà la tua discendenza, come insegna l’apostolo: Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita (Fil 2,14-16).

 

6 Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.

 

Egli credette al Signore cioè alla sua parola, perché nessuna parola è impossibile a Dio (Lc 1,37). È la stessa fede della Vergine Maria che, presente nell’intimo, in quel momento si esprime in rapporto a eventi che ancora non sono (cfr. Ne 9,7-9: Tu sei il Signore, il Dio che hai scelto Abram, lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e lo hai chiamato Abramo. Tu hai trovato il suo cuore fedele davanti a te e hai stabilito con lui un'alleanza).

che glielo accreditò come giustizia La fede come adesione alla Parola di Dio è accreditata come giustizia. «La fede, infatti, deve prevenire la ragione: perché non sembri che chiediamo ragione al Signore nostro Dio come facciamo con un uomo» (S. Ambrogio). Il Signore per sua grazia accredita la fede come giustizia. In quanto giusto, il Signore accredita la giustizia in base alle opere; in quanto misericordioso, Egli accredita la giustizia in base alla fede. Se le opere creano un obbligo, non lo crea invece la fede. La retribuzione di questa è solo per grazia, basata sulla fedeltà di Dio alla sua Parola.

L’apostolo Paolo si fonda su questo testo per dimostrare che la giustizia di Dio si è rivelata in Gesù e come nelle sue opere (cioè la sua redenzione) giunga a pienezza. Quindi la sola nostra opera è credere in Lui. Questa è la fede che è accreditata a giustizia. Nessun uomo può conseguire la giustizia tramite la Legge (cfr. Rm 4,9-11; Gal 3,6-9).

 

7 E gli disse: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra».

 

E gli disse, il testo dà inizio a una nuova profezia, che non avviene più di notte ma di giorno. La precedente riguardava la discendenza, questa riguarda l’eredità della terra data alla sua discendenza.

Io sono il Signore, è la prima volta che appare questa espressione. Essa appare di nuovo quando il Signore rivela a Mosè l’imminente redenzione del popolo dalla schiavitù egiziana: «Io sono il Signore!... Ho anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro il paese di Canaan, quel paese dov'essi soggiornarono come forestieri… Per questo dì agli Israeliti: Io sono il Signore! Vi sottrarrò ai gravami degli Egiziani» (Es 6,2-8). Essa esprime quindi l’intervento salvifico di Dio.

Più che dai segni, la forza per i credenti viene dalla rivelazione del Signore. Il suo «Io Sono» riempie di energia spirituale coloro che lo ascoltano e ne sentono il Nome vibrare con intensità in tutto il loro essere. Questo è il passaggio dal non essere all’essere: essere vibrati dal Nome santo che ci chiama all’esistenza. Questo l’inizio della Redenzione, che è nell’istante stesso del nostro esistere.

che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra, in Abramo vi è anticipata tutta la vicenda del suo popolo. Come egli è uscito da Ur dei Caldei, così Israele uscirà dall’Egitto per incamminarsi verso la terra, promessa ad Abramo e alla sua discendenza (cfr. Es 20,2s: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me»).

 

8 Rispose: «Signore mio Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?».

 

Commento profondo a questa parola è dato da Ruperto: «Come potrò sapere. Non dubitò come incredulo per il vacillare della sua fede (cfr. Rm 4,19), ma come padre pieno di amore volle provvedere ai suoi figli futuri: che Dio per caso non avesse a pentirsi di questa sua promessa a motivo dei loro peccati. Per questo, desiderò che nella promessa gli si desse la sicurezza di salda fedeltà e d’immutabile verità, e quasi la conferma di un giuramento» (Biblia, Genesi a cura di U. Neri, p. 214).

Il come infatti può esprimere sia l’apertura al mistero come il dubbio: è apertura al mistero in Abramo e nella vergine Maria, è dubbio in Zaccaria, padre di Giovanni.

 

9 Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».

 

Ne indica l’età perché devono essere con molto grasso (parte essenziale del sacrificio; cfr. sacrificio di Abele in 4,4: Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la  sua offerta).

Il Signore vuole anche l’offerta di animali piccoli. Tutti gli animali puri adatti al sacrificio sono indicati in relazione al patto, che il Signore sta per fare con Abramo, quasi a ricordare che in ogni sacrificio, di qualsiasi genere si rinnova l’alleanza con il Signore.

Nel mistero essi annunciano l’unico e perfetto sacrificio compiuto da Gesù nel corpo che lo Spirito Santo ha plasmato nel grembo verginale di Maria.

 

10 Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all'altra; non divise però gli uccelli.

 

Il significato letterale di questa azione è dato dalla natura del patto che richiedeva questa operazione come segno di maledizione per chi infrangesse il patto (cfr. Ger 34,18-19).

 

11 Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.

 

Il significato misterico di questa discesa degli uccelli rapaci sulle vittime è variamente interpretato.

In rapporto a Israele sono le nazioni che lo vogliono divorare ma la preghiera di Abramo li allontana.

Possiamo cogliere lo stato vittimale che caratterizza il popolo di Dio (cfr. Rm 12,1: Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale).

Il patto con il Signore è insidiato dalle potenze mondane. Come ci fu il vitello d’oro al Sinai così ci fu il satana, attraverso Giuda, durante la Cena. Ogni alleanza è insidiata dalle potenze, espresse negli uccelli rapaci. È necessario quindi scacciarle a attendere umilmente la salvezza del Signore.

 

12 Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.

 

Un torpore, è il sonno profetico, lo stesso che cadde su Adamo quando “fu costruita” la donna.

Il sonno di Abramo, a differenza di quello di Adamo, è caratterizzato da un oscuro terrore.

«Il sonno di Adamo è prima del peccato; c’è tuttavia il fatto che il sonno di Adamo è una lacerazione e lo fa figura del Cristo crocifisso per i nostri peccati. Abramo invece deve attraversare questo sonno per diventare padre della nuova umanità. Il sonno di Adamo e di Cristo sta alla radice della fecondità, ha come effetto la generazione della sposa (Eva, la Chiesa). L’umanità nuova nasce di lì, tutto passa attraverso questo sonno profondo»

(d. G. Dossetti, appunti di omelia, Gerico, 10.3.1974).

In tutto questo Abramo percepisce profeticamente le angosce e le tenebre che scenderanno sulla sua progenie e le vive anticipatamente. La profezia non è tanto lucida visione degli avvenimenti, quanto piuttosto è un sentirli in sé in modo anticipato; da qui deriva la forte parola profetica che prende tutto l’essere di chi è chiamato ad annunciare. Senza questo sentire viscerale, che scaturisce dalla visione data dalla Parola di Dio, è impossibile annunciare. Inesorabilmente si cade in un freddo razionalismo che scaccia lo Spirito presente nella Parola; ma con questo la lettera a sua volta uccide (2Cor 3,6) chi osa fare questo.

«Riguardo al terrore grande e la lotta con gli uccelli rapaci. Non si tratta solo di un sonno profetico, ma di un'opera compiuta da lui in anticipo e in favore dei suoi discendenti. Il Targùm dice: passarono il mare in virtù di Abramo, Isacco e Giacobbe. Vi è un rapporto con il Cristo Gesù e la sua agonia: ha assunto su di sé la lotta di coloro che credono in Lui, l'ha esperimentata e l'ha vinta»

(d. U. Neri, appunti di omelia, Gerico, 2.7.1973).

 

17 Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi.

 

Questo è il patto di Dio con Abramo.

Buio fitto da non vedere neppure la luce delle stelle.

Braciere fumante sono segni della rivelazione divina. Il braciere (cfr. Is 31,9: oracolo del Signore che ha un fuoco in Sion e una fornace in Gerusalemme) fumante (cfr. Es 19,18:Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace).

Fiaccola ardente anche questo appartiene ai segni della rivelazione di Dio (cfr. Es 20,18:Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi (lett.: le voci e le fiaccole) ).

I segni della presenza divina passarono in mezzo agli animali divisi e alcuni interpretano che le vittime furono consumate in olocausto come sacrificio gradito.

Sono anticipati i segni della teofania al Sinai. Abramo, che ha ascoltato l’oracolo divino riguardo alla sua discendenza, ora contempla in anticipo il momento del patto, che Dio farà con il popolo uscito dalle sue viscere dopo averlo redento dalla schiavitù egiziana.

 

18 In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram:

«Alla tua discendenza

io do questa terra,

dal fiume d'Egitto

al grande fiume, il fiume Eufrate».

 

Questi confini allargati della terra hanno il significato di una profezia che supera la lettera. Infatti la discendenza di Abramo non si restringe a quel territorio ma si estende oltre i confini fisici per abbracciare un territorio che comprende anche i grandi popoli le cui civiltà si sono sviluppate lungo il corso di questi fiumi. Abramo riceve in possesso tutto il territorio da lui calpestato: egli parte infatti dal fiume Eufrate e tocca il Nilo. Tutti dovranno essere sua eredità in rapporto a quel Dio che è il suo Dio.

SALMO RESPONSORIALE              Sal 26

 

R/.               Il Signore è mia luce e mia salvezza.

 

Il Signore è mia luce e mia salvezza:

di chi avrò timore?

Il Signore è difesa della mia vita:

di chi avrò paura?              R/.

 

Ascolta, Signore, la mia voce.

Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!

Il mio cuore ripete il tuo invito:

«Cercate il mio volto!».

Il tuo volto, Signore, io cerco.                            R/.

 

Non nascondermi il tuo volto,

non respingere con ira il tuo servo.

Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,

non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.              R/.

 

Sono certo di contemplare la bontà del Signore

nella terra dei viventi.

Spera nel Signore, sii forte,

si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.               R/.

 

 

 

SECONDA LETTURA              Fil 3,17-4,1

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

 

Fratelli, 17 fatevi miei imitatori e guardate quelli che si comportano (lett.: camminano) secondo l'esempio che avete in noi.

 

Miei imitatori, Lett.: con - imitatori, con coloro che mi imitano (CAL). Solo qui appare il composto. Esso può significare: «Voi tutti insieme siate miei imitatori» (GLNT, Michaelis). La condotta dell'Apostolo ha un carattere esemplare cfr 1Cor 9,27. Tuttavia non è essa oggetto dell'imitazione e nemmeno lo è la sua "perfezione" cfr: Fil 3,12 ss. In quanto egli ha autorità «esige che si dia ascolto alla sua predicazione; è in rapporto a questa che chiede anche che si imiti la sua condotta. Imitatemi cioè "riconoscete la mia autorità, seguite quello che vi dico, siate obbedienti!"» (ibidem).

Coloro che camminano, il termine sta ad indicare, oltre all'osservanza dei comandamenti, anche il procedere verso la meta non ancora raggiunta.

L'esempio che avete in noi. «Fa ciò che comandi per offrire loro non solo i comandi ma anche l'esempio (formula)» (Sentenze dei Padri, sent. 106).

 

18 Perché molti - ve l'ho gia detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto - si comportano (lett.: camminano) da nemici della croce di Cristo.

 

Molti camminano si contrappongono a coloro che camminano nell'obbedienza e sul modello apostolico.

Con le lacrime agli occhi ve lo ripeto: L'Apostolo dice queste cose piangendo. Il pianto è provocato dal suo amore per Cristo crocifisso che rimane disprezzato e per questi fratelli che, essendo molti, sono nemici della croce di Cristo.

da nemici della Croce di Cristo in quanto lo svuotano compiendo quanto segue. Non mettendo al centro dell'Evangelo la Croce di Cristo ma altre cose, quali le prescrizioni legali, si diventa nemici della Croce e si pone la propria attenzione e il proprio vanto in cose che anziché salvare portano alla perdizione. È chiaro che la vita esemplare dell'Apostolo è incentrata sulla Croce di Cristo accolta, creduta, vissuta e rivelata nella propria vita.

 

19 La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.

 

La loro fine è la perdizione. Il termine perdizione caratterizza gli empi e la loro via. Già l'Apostolo ha usato il termine in 1,28 nell'espressione: dimostrazione di perdizione; ora egli parla della fine come perdizione. Se la comunità dimostra agli empi la loro perdizione in modo che si convertano, ora l'Apostolo ne annuncia la fine come perdizione perché non hanno nella Croce di Cristo la loro salvezza.

Il ventre è il loro dio. Fine della loro vita è il ventre cioè le delizie della gola e della sensualità. «Il contesto fa piuttosto pensare ai giudaizzanti che ai libertini; perciò l'antica opinione, secondo la quale Paolo intende accennare alla legge sui cibi e schernisce rudemente i giudaizzanti con il loro dio-ventre, è ancora la più attendibile» (GLNT, Behm). Cfr. Thed. Mops (Teodoro di Mopsuestia). (MPG 66, p. 876 e 926, Ambrosiaster (MPG 17, p. 417 cfr. 118).

Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi (lett.: La loro gloria è nella loro vergogna). Cfr. Ap 3,18: la vergogna della tua nudità  «la parola greca aijscuvnh (aisxune), è usata nel senso oggettivo di vergogna sessuale» (GLNT, Bultmann). S. Agostino: «i giudaizzanti si gloriano della circoncisione, della quale invece dovrebbero vergognarsi, viene infatti compiuta in quel membro per il quale proviamo pudore» (Sermo...

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