Francesco Mattesini - Operation 'Husky' (2019).pdf

(5995 KB) Pobierz
OPERATION “HUSKY”
L’INVASIONE DELLA SICILIA E L’INTERVENTO DEGLI
AEROSILURANTI DELL’ASSE
Francesco Mattesini
2
LO SBARCO IN SICILIA E L’ATTIVITA’ DEGLI AEROSILURANTI
ITALIANI TRA IL 9 E IL 15 LUGLIO 1943
Lo sbarco in Sicilia (operazione “Husky”), era stato deciso dal Primo
Ministro britannico Winston Churchill e dal presidente statunitense Frank Delano
Roosevelt a Casablanca nella seconda metà di gennaio 1943, con l’intendimento di
riaprire il Mediterraneo alla navigazione degli Alleati, fu pianificato e preparato dagli
anglo-americani sotto la direzione del Comandante in Capo Alleato, generale Dwight
Eisenhower, con sede ad Algeri. L’operazione anfibia fu preceduta da
un’impressionante offensiva aerea diretta contro gli obiettivi dell’isola, gli aeroporti
in particolare, sui quali furono letteralmente fatti a pezzi i reparti da caccia italo -
tedeschi rimasti a difendere l’isola, dopo il ritiro dalla Sicilia e dalla Sardegna dei
bombardieri e degli aerosiluranti dell’Asse, che furono trasferiti nelle basi del
continente verso la fine di giugno per sottrarli a quella temibile minaccia.
L’operazione “Husky” iniziò nella notte tra il 9 e il 10 luglio in un tratto di
costa lungo ben 110 km, tra Gela e Siracusa, che rappresentò la maggiore estensione
di un’operazione anfibia realizzata nel corso della seconda guerra mondiale. Vi
parteciparono 3.445 velivoli e ben 2.590 unità navali di ogni tipo, di cui 1.614
britanniche, 945 statunitensi e 31 di altre marine alleate. La forza anfibia fu ripartita
in 21 convogli d’attacco, che trasportavano 181.000 uomini, 14.000 veicoli e 600
carri armati, mentre le forze navali destinate alla scorta, in massima parte britanniche,
possedeva il suo nucleo principale nella famosa Forza H che, dislocata nello Ionio,
comprendeva le corazzate
Nelson, Rodney, Warspite
e
Valiant,
le portaerei di squadra
Indomitable
e
Formidabile
(con 73 caccia e 27 aerosiluranti), cinque incrociatori e
quindici cacciatorpediniere.
Vi erano poi le moderne corazzate
Howe
e
King Gorge V,
gli incrociatori
Dido
e
Sirius
e sei cacciatorpediniere, con il compito di proteggere il movimento
verso levante dei convogli d’assalto in navigazione tra Algeri e l’entrata occidentale
del Canale di Sicilia, di effettuare diversioni in direzione della Sardegna, e di
rinforzare la Forza H in caso di necessità. E infine altre numerosissime unità navali,
comprendenti nove incrociatori (i britannici
Uganda, Maritius, Orion, Carlisle,
Colombo, Delhi,
gli ultimi tre contraerei, e gli statunitensi
Philadelphia, Savannah
e
Boise)
erano assegnate alla scorta dei convogli d’invasione e per l’appoggio
d’artiglieria nelle spiagge di sbarco. Infine la componente aerea degli Alleati
comprendeva una massa di 3.680 velivoli di tutti i tipi, ossia bombardieri,
aerosiluranti, cacciabombardieri, caccia e velivoli da trasporto per il lancio di
paracadutisti.
Per opporsi a questa imponente massa di mezzi, alla data del 9 luglio le forze
dell’Asse potevano contare in Sicilia su 260.000 uomini, dei quali circa 30.000
tedeschi, mentre la forza aerea di prima linea, ripartita nelle basi della penisola
italiana, in Sardegna e nella Francia meridionale, si avvaleva di 932 velivoli
germanici della 2
a
Luftflotte (inclusi 50 ricognitori, 356 bombardieri, 32 aerosiluranti,
81 distruttori, 134 assaltatori e 279 caccia), e di 932 velivoli italiani (inclusi 3
3
ricognitori strategici, 192 bombardieri, 77 aerosiluranti, 20 da combattimento, 28
tuffatori, 161 assaltatori e 514 caccia).
1
Occorre dire che da parte degli Stati Maggiori delle Forze Armate italiane e
e dei Comandi tedeschi in Italia, in particolare del Comando del Sud (OBS) del
feldmaresciallo Albert Kesselring, l’operazione di sbarco degli in Sicilia era attesa e,
contrariamente a quanto troppo spesso viene affermato con troppa enfasi, non generò
alcuna sorpresa nei comandi dell’Asse, dal momento che non servirono ad ingannarli
i vari espedienti realizzati dagli Alleati.
Secondo quanto è scritto nella lettera del 4° Reparto di Superaereo n. 7025077 del 9 luglio
1943, la Regia Aeronautica poteva fare assegnamento su una massa di circa 280 velivoli siluranti
dei tipi S. 79 e S. 79 bis, dei quali 180 destinati alle linee, e 100 di riserva. Tuttavia poiché 170
velivoli dovevano ancora completare la trasformazione in aerosiluranti, prevista nel termine di
quattro mesi – con un ritmo di circa 40 esemplari al mese – ne restavano realmente disponibili 110,
dei quali, escludendo i 30 assegnati ai gruppi complementari e alle scuole, soltanto 80 velivoli erano
ripartiti nei vari gruppi d’impiego.
1
4
Due giorni prima dello sbarco colonna di M4 Sherman in attesa di salire sui mezzi da sbarco per carri armati
LST nel porti tubisini di La Pecherie.
Il più famoso fu quello del cadavere di un uomo deceduto in Inghilterra di
polmonite e che, sotto il nome fittizio di “maggiore
William Martin dei Royal
Marines”
e per simularne la morte per annegamento, fu mollato in mare, la notte del
29-30 aprile, dal sommergibile
Seraph
e fatto arenare sulle coste spagnole di Cadice,
con lettere contraffatte di alti ufficiali britannici che indicavano la Grecia quale
obiettivo dello sbarco. Nessuna forza tedesca, com’è stato sostenuto per vantare il
presunto successo dell’Operazione “Martin”, lasciò la Sicilia che, anzi, fu per quanto
possibile rinforzata, senza togliere forze destinate alla Grecia (1
a
Divisione corazzata
dalla Francia) come dall’autunno 1942 Hitler spingeva per convincere il suo Alto
Comando, l’O.K.W. In definitiva, nonostante quanto è stato detto e scritto,
l’Operazione “Martin” non servì a nulla.
Il primo contrasto ai convogli d’invasione degli Alleati si realizzò per mezzo
dei sommergibili. Dopo la perdita di Pantelleria (10 giugno) e l’incertezza sulle
prossime azioni nemiche, la Regia Marina mantenne agguati preventivi lungo le coste
metropolitane e in una zona a sud della Sardegna. Da qui nel mese di giugno i
sommergibili nazionali effettuarono alcune puntate offensive senza esito verso i porti
algerini di Bougie e Philippeville, in cui era segnalato ingente traffico nonché il
5
concentramento di una parte cospicua del naviglio anglo-americano destinato
all’invasione dell’Italia. Vi furono alcuni attacchi ma senza successo.
L’ammassamento dei mezzi da sbarco per l’imbarco delle truppe in porto della Tunisia.
E poiché anche in precedenza, a parte in qualche occasione, i risultati degli
attacchi dei sommergibili italiani erano stati deludenti, direi penosi non essendo
riusciti a colpire una sola nave negli ultimi quattro mesi, e specie se confrontati con i
risultati conseguiti degli U-boote tedeschi, era evidente che le modalità di
addestramento e d’impiego dettate da Maricosom (il Comando della Squadra
Sommergibili) e da Supermarina (L’organo operativo dello Stato Maggiore della
Regia Marina) erano rimaste del tutto insufficienti. Perché altrimenti non si possono
spiegare i mancati risultati conseguiti nei lanci di siluri, tutti da lontano e andati a
vuoto, se non considerando che gli attacchi erano portati dai comandanti con estrema
prudenza e da distanze eccessive. I rapporti britannici sostengono che gli attacchi dei
sommergibili italiani erano sempre portati da grande distanza e i siluri, avvistati per
tempo dalle navi che avevano il tempo di poter manovrare per evitarli.
Lo stesso accadeva d'altronde anche nei reparti degli aerosiluranti, e questo era
in gran parte da addebitare, più che alle modeste caratteristiche dei velivoli, alle
deficienze di addestramento del nuovo personale, e a una certa prudenza nel condurre
gli attacchi.
Zgłoś jeśli naruszono regulamin