Francesco Mattesini - La Tragedia Dell Italia (2020).pdf

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LA TRAGEDIA DELL’ITALIA
Come l’Italia arrivò con gli anglo-americani alla firma a
Malta dei termini del Lungo Armistizio e successivamente alla
dichiarazione di guerra alla Germania del 13 ottobre 1943
FRANCESCO MATTESINI
Conferenza di Teheran, 28 novembre 1943. I tre grandi che decisero la sorte punitiva
dell’Italia dopo la resa incondizionata. Da destra, seduti, Winston Churchill, Franklin Delano
Roosevelt e Joseph Stalin.
FEBBRAIO 2020
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Un Esercito inutilizzabile. Lo sbandamento delle Regie Forze
Armate dell’8 settembre 1943, e l’irritazione degli Alleati per il
mancato appoggio degli italiani nello sbarco a Salerno
Fin dai primi contatti stabiliti nella seconda decade di settembre 1943 a
Brindisi con una missione militare anglo-americana al comando del Governatore di
Gibilterra, generale Sir Noel Mason MacFarlane,
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i rappresentanti del Governo
italiano, guidato dal maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, espressero il vivo desiderio
che le Forze Armate del Regno potessero dare il loro contributo allo sforzo bellico
comune contro la Germania, fino a pochi giorni prima alleata dell’Italia. Il Governo
tedesco, e i rappresentanti delle Forze Armate tedesche in Italia, dopo il volta faccia
degli italiani alla causa dell’Asse, avvenuto proprio mentre gli Alleati sbarcavano nel
sud della penisola italiana, a Reggio Calabria, Salerno, Taranto e Bari, iniziando
quella che sarebbe stata la lunga e difficile campagna d’Italia conclusa con
l’uccisione di Benito Mussolini e dei suoi principali gerarchi e la resa tedesca il 28
aprile 1945, fin da subito avevano assunto nei confronti degli italiani un
atteggiamento aggressivo, a cui fu opposta qualche resistenza. Essa fu giustificata dal
Governo Badoglio come un pieno diritto di reagire con le armi all’aggressione
tedesca, anche se ufficialmente non esisteva stato di guerra tra le due nazioni.
Per tale motivo, fin dall’11 settembre 1943, lo Stato Maggiore Generale
(Comando Supremo) del generale Vittorio Ambrosio, che dopo la fuga del Re
Vittorio Emanuele III aveva seguito il Sovrano assieme agli altri principali capi
militari, il generale Mario Roatta per l’Esercito, l’ammiraglio Raffaele de Courten per
la Marina e il generale Renato Sandalli per l’Aeronautica, per istallare a Brindisi i
loro Comandi ad organici ridotti, indirizzò ai tre capi di Stato Maggiore una direttiva.
Con la lettera di protocollo n 1015, in cui prendeva atto della situazione verificatasi
con i tedeschi, il generale Ambrosio ordinava di agire contro di essi in collaborazione
con gli anglo-americani.
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Tre giorni più tardi, con nuova lettera n. 1104 Segreto,
erano impartire disposizioni più elaborate. In esse era specificato che date le
condizioni in cui si trovava l’Esercito, scarso di armi, munizioni, mezzi ruotati
(requisiti dagli Alleati) ed anche di scarpe per i soldati si doveva far fronte alle
deficienze “essenzialmente
con ripieghi dettati dalla volontà”,
senza insistere con i
Alla Missione, composta da sedici ufficiali e ventotto sottufficiali, e che aveva per
Comandante in seconda il generale di brigata statunitense Maxwell David Taylor, erano aggregati
anche due diplomatici, ministri politici residenti presso il Comando Militare di Algeri, lo
statunitense Robert Murphy e il britannico Harold MacMillan. La Missione era stata “investita
d’autorità di comunicare istruzioni uscenti dal Quartier Generale delle Forze Alleate nei limiti
dell’armistizio nonché di provvedere all’azione coordinata del popolo italiano et forze armate
italiane insieme con le operazioni delle forze alleate”.
Cfr., Archivio Stato Maggiore Esercito
Ufficio Storico (da ora in poi ASMEUS), telegramma n. 443, fondo
H.5,
b. 50/RR, messaggio n. 81.
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Elena Aga Rossi,
L’inganno reciproco. L’armistizio tra l’Italia e gli angloamericani del
settembre 1943,
Roma, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, 1993, p. 70.
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nuovi alleati sulle necessità dei bisogni per non “menomare
il valore del nostro
concorso”
militare.
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Il generale Roatta, diramò istruzioni particolareggiate al 51° Corpo d’Armata,
appena costituito in Puglia, quale unità combattente. Messo agli ordini del generale
Giuseppe De Stefanis, già Comandante in Africa Settentrionale della divisione
motorizzata Trento e della divisione corazzata Ariete e poi del 20° Corpo d’Armata
all’epoca della battaglia di El Alamein e della ritirata in Tunisia. Tuttavia a causa
degli avvenimenti che seguirono all’armistizio, il 51° Corpo d’Armata fu smembrato
ancor prima di entrare in azione.
La firma dell’armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943. Sigla il documento di resa
dell’Italia il generale Bedell Smith, Capo di Stato Maggiore del Comandante in Capo Alleato
generale Eisenhower. In abito borghese scuro il generale Castellano, che già aveva firmato il
documento a nome del Capo del Governo italiano maresciallo Badoglio. Accanto a Castellano
l’interprete del Ministero degli Esteri Franco Montanari.
Il 10 settembre, di fronte alle difficoltà incontrate nella testa di sbarco di
Salerno, ove i tedeschi, avendo preso con la 16
a
Divisione corazzata il controllo delle
spiagge, che in base agli accordi armistiziali dovevano essere tenute dagli italiani,
stavano contrattaccando, il Comandante in Capo degli Allearti, generale Dwight
David Eisenhower aveva scritto un messaggio, spedito al maresciallo Badoglio, in
cui affermava in modo inequivocabile: “Tutto
il futuro e l’onore dell’Italia dipendono
dalla parte che le forze armate italiane sapranno adesso sostenete … Ora è il
3
Archivio Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico (da ora in poi ASMEUS), fondo
H.5,
b.
50/RR.
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momento di colpire. Se l’Italia si leva come un sol uomo piglieremo ogni tedesco per
la gola”.
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Disegno di Antonio Mattesini
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ASMEUS, telegramma n. 443, fondo
H.5,
b. 50/RR,
Fortissima fu la resistenza offerta dalle truppe germaniche sulle spiagge di sbarco di
Salerno, dove esse, con rapido colpo di mano, avevano sostituitogli italiani dai loro punti di difesa
costiera. I tedeschi difesero le loro posizioni con una energia disperata e in alcuni casi
contrattaccarono con carri armati così decisamente che gli Alleati, per non essere ricacciati in mare,
dovettero ricorrere ad un massiccio appoggio artiglierie di incrociatori e cacciatorpediniere, ed
in’occasione facendo intervenire anche le navi da battaglia britanniche
Warspite
e
Valiant,
La prima
delle quali fu gravemente danneggiate da due bombe speciali PC.1400 X.217 sganciate da velivoli
Do217 del III./KG.100, lo stesso Gruppo del 100° Stormo Bombardamento che il 9 settembre aveva
affondato la corazzata
Roma,
molto più moderna della
Warspite,
veterana della prima guerra
mondiale.
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4
5
Il maresciallo Pietro Badoglio, Capo del Governo italiano e il generale britannico Noel Mason
MacFarlane, Comandante della Missione Militare Alleata a Brindisi.
La risposta del Capo del Governo italiano arrivò ad Algeri l’11 settembre,
trasmessa, tramite la Missione Militare Italiana del generale Castellano al
Comandante in Capo Alleato , nella seguente forma: “Fin
da ieri sono stati trasmessi
ordini a tutte le Forze Armate di agire con rigore contro aggressioni tedesche. Oggi
sarà diramato un messaggio del Re e un proclama mio alla Nazione. Est
indispensabile ora signor Generale che le nostre azioni siano coordinate perché
abbiamo le stesso avversario da combattere”.
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Purtroppo la speranza di Eisenhower, di un possibile e urgente intervento delle
Forze Armate italiane contro i tedeschi – almeno nell’Italia centrale e in particolare
nella zona di Roma per impedire l’afflusso di rinforzi tedeschi nella zona di sbarco di
Salerno – non fu resa possibile dall’inatteso sbandamento verificatosi, subito dopo la
dichiarazione dell’armistizio, con il “il
tutti a casa”
di soldati e ufficiali, ma anche
per la resa ai tedeschi di interi Corpi d’Armata senza combattere. Di questa
situazione, per gli Alleati assolutamente inaspettata, poiché avevano deciso di
sbarcare a Salerno, e avanzare rapidamente su Roma e verso gli Appennini
settentrionali, contando sull’aiuto italiano, Eisenhower mostrò tutto il suo malumore.
In una lettera inviata il 13 settembre al generale George Catlett Marshall, Capo di
Stato Maggiore dell’Esercito statunitense, egli sostenne: “Gli
italiani sono stati così
deboli che abbiamo avuto poco o nessun pratico aiuto da loro … non vi è stato nulla
nell’effetto prodotto che somigliasse a quanto era nel regno delle possibilità”.
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6
Ibidem,
telegramma n. 39.
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ASMEUS, fondo
Generale Castellano.
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